Chiudi

7 domande per esportare

Da 17 anni lavoro a fianco delle PMI italiane per aiutarle ad esportare ed a rafforzare il loro posizionamento all’estero.
In questi anni l’instabilità macroeconomica è aumentata, accanto ad un aumento del tasso di concorrenza e ad una velocizzazione dei processi, spesso indotta dalla digitalizzazione. Fenomeni che contribuiscono a rendere difficile la sfida dell’internazionalizzazione per le aziende meno strutturate. Nonostante ciò la debolezza del mercato interno italiano e l’attuale crisi sistemica, indotta dal COVID-19, rendono per molte imprese italiane l’esportazione una scelta dettata dalla necessità di difendere un livello minimo di fatturato indispensabile alla sopravvivenza.
Tuttavia « buttarsi » oltreconfine, con l’illusione di realizzare ricavi a breve, magari spinti dalla retorica nazionale dell’ « Italians do it better » e della « qualità irresistibile del Made in Italy », può portare a cocenti delusioni.
Per questo il mio staff ed io siamo spesso orientati a far riflettere l’azienda nostra cliente sulle difficoltà reali poste dal mercato e sulle reali potenzialità di avere successo, per fare in modo che le aspettative non siano sconnesse da un’impietosa analisi della realtà Da questo nascono le « 7 domande per esportare » : 7 domande su cui si consiglia all’imprenditore (che per la prima volta si avvicina ad un’attività non sporadica di internazionalizzazione) di soffermarsi prima di decidere se lanciare la propria azienda sui mercati internazionali, per poi costruire la propria strategia sulle 7 risposte che ne deriveranno.
7 Domande per esportare
Domanda 1

Chi è il mio cliente?

Sono in grado di costruire una « buyer persona » o un identikit del mio cliente diretto? Cerco un profilo individuale di consumatore finale oppure un canale distributivo che mi serve per raggiungerlo ? Molto spesso nel caso di un’attività di esportazione si tratta di questo secondo caso: sono in grado di identificarlo e di descriverlo, oppure sono stato abituato negli anni a non preoccuparmene perchè il mercato era dato, il cliente è sempre venuto a cercarmi sul mercato locale e non mi sono mai dovuto preoccupare di costruirne un profilo per tracciarlo? Il primo passo è quindi : costruire un identikit del proprio cliente finale e del canale commerciale che mi serve per raggiungerlo (distributore, grossista, dettagliante, GDO, piattaforme on-line, agenti rappresentanti).
Domanda 2

Il mio cliente si trova solo all’estero?

Siamo veramente sicuri che abbia senso andare a cercare un cliente all’estero ? Magari definito l’identikit del mio cliente, scoprirò che ce ne sono tanti che parlano la mia lingua, che sono a portata di mano e che non ho mai considerato fino ad oggi. Magari la crisi del mercato interno, di cui si parla sui media, riguarda solo i miei clienti attuali ed altri settori, ma non danneggia altri potenziali clienti nazionali che ancora non conosco. Spesso in questa fase molte aziende, ad esempio della subfornitura meccanica scoprono che le proprie lavorazioni e componenti possono trovare applicazione anche in settori diversi da quelli nei quali hanno venduto fino ad oggi e scoprono che queste nuove applicazioni non c’è bisogno di andarle a cercare all’estero, ma si trovano sul proprio mercato interno, magari nella stessa provincia di residenza dell’azienda. Rafforzare la propria posizione sul mercato interno e crescere attraverso economie di scala, può rendere l’azienda meno fragile e più attrezzata per affrontare i mercati esteri in un secondo momento, quando il potenziale di crescita sul mercato interno si sarà esaurito.
Domanda 3

Dov’è il mio cliente ?

Se le risposte alle prime due domande mi continuano a far pensare che esportare sia un must, dovrò decidere dove andare ad esportare : in quali Paesi? Su quali mercati all’interno di questi Paesi?
Spesso nel dibattito mediatico si parla di « mercati » come di un’entità indistinta in cui si parla inglese : un entità omogenea e grande che si trova fuori dai nostri confini dove si pensa di poter arrivare comprando un biglietto aereo e con un inglese stentato.
L’ « Estero » è spesso complesso e vario, fatto di differenze culturali, linguistiche, diversi livelli di sviluppo e preferenze molto diverse.


Dire che « il nostro prodotto viene molto apprezzato all’estero » ha poco significato : probabilmente il prodotto sarà apprezzato in quei due o tre mercati (magari tutti centro-europei) in cui l’azienda è solita esportare ma non significa che possa riscontrare lo stesso successo su mercati asiatici o sud americani o in Scandinavia e nei Paesi Baltici.
È importante quindi mappare la presenza dei propri clienti nel Mondo e capire quali possano essere i mercati prioritari da aggredire, scegliendo magari un mercato pilota, sul quale sperimentare un’attività di esportazione fino in fondo, prima di impegnarsi orizzontalmente e con grande dispendio di risorse su più mercati.


Conviene quindi selezionare e concentrare le risorse sui mercati dove :

  • i miei clienti sono presenti con maggiore densità ;
  • i miei clienti hanno un potere d’acquisto in linea con il prezzo del mio prodotto ;
  • esigenze tecniche legate allo sviluppo tecnologico o al quadro legislativo (se si tratta di un bene strumentale), oppure i gusti del consumatore (se si tratta di un bene di consumo) siano tali da favorire l’acquisto del mio prodotto.
Domanda 4

Il mio prodotto risponde alle esigenze del cliente del mercato estero di riferimento ?

L’alta densità di clientela potenziale, ricca e propensa all’acquisto o all’investimento non è garanzia di successo. È probabile infatti che in quel Paese la mia clientela potenziale che risponde in pieno al profilo del mio cliente locale, sia abituata a soddisfare il bisogno cui risponde il mio prodotto servendosi di beni succedanei ovvero sostitutivi della funzione svolta dal mio. Se così fosse quindi, cosa devo fare per convincere i clienti a sostituire il prodotto locale cui sono fidelizzati con il mio?

  • Marketing e attività promozionali ?
  • Assistenza tecnica gratuita?
  • Adattare il mio prodotto alle esigenze locali  diversificando la mia produzione da Paese a Paese ?

Sarà sufficiente una campagna promozionale per indurre il consumatore a sostituire il suo consumo/acquisto abituale con la mia offerta , oppure dovrò cercare di capire quali caratteristiche intrinseche il mio prodotto debba cercare di avere per soddisfare al meglio i bisogni della clientela locale? Sono pronto a modificare il mio prodotto per questo? O rischio di snaturarlo? 

La mia azienda può sostenere una strategia di diversificazione del prodotto a seconda dei paesi e dei segmenti di clientela e quindi una struttura dei costi ed una gestione più complessa?

Domanda 5

Conosco la concorrenza locale ?

Se la mia clientela esiste nel Paese e cerca un prodotto che abbia caratteristiche identiche al mio, è altamente probabile che il tasso di concorrenza sia elevato e che la domanda locale sia ampiamente soddisfatta da fornitori locali o esteri già stabiliti sul mercato che ho scelto come target. Rispondere a questa domanda e conoscere la concorrenza e le sue politiche di prezzo, così come i suoi comportamenti abituali di fronte all’ingresso dei nuovi entranti, è importante per capire se i costi connessi all’ingresso su quel mercato non siano troppo elevati rispetto ai ritorni possibili alla luce dei livelli di concorrenza esistente.
Domanda 6

La mia organizzazione è pronta per trattare con clienti esteri ?

Spesso avere a che fare con clienti esteri richiede un supplemento di organizzazione. Le sole differenze culturali e linguistiche rendono necessario uno standard di servizio comprensibile ed universale in grado di rassicurare il cliente sulla nostra capacità operativa ed affidabilità. Spesso questo standard ha a che vedere con il cosiddetto « customer journey » e cioè con la cura di tutti i punti di contatto che il cliente ha con la nostra organizzazione dal momento in cui entra per la prima volta in rapporto con noi fino alla decisione di acquisto (conversion) ed alle attività di fidelizzazione ed after sales del cliente che vengono dopo la vendita (retention).Gli aspetti critici (noti come pain points) di processo che più comunemente emergono nella mia esperienza con le PMI italiane sono :
  • l’assenza in azienda di un manager che abbia allo stesso tempo conoscenza del prodotto, capacità di decidere e competenza linguistica;
  • la mancanza di un contatto costante, di una persona di riferimento stabile cui il cliente possa fare riferimento in azienda e di cui si possa fidare;
  • la scarsa cura della supply chain ed in particolare degli aspetti legati alla consegna ed al trasporto del prodotto, al regime doganale ed ai regolamenti in vigore nel paese di destinazione;
  • la scarsa conoscenza del quadro normativo del paese in cui si vuole esportare;
  • scarsa attenzione per i servizi tecnici di assistenza after sales;
  • la scarsa consapevolezza del fatto che sia necessario accantonare sufficienti risorse per gestire eventuali attività collegate al progetto di esportazione:
  1. una campagna promozionale;
  2. attività commerciali di ricerca e contatto con i clienti;
  3. politiche di prezzo aggressive che consentano per un periodo di vendere ad un prezzo di entrata non remunerativo fino all’affermazione del prodotto sul mercato.
Domanda 7

Ne vale la pena ?

È possibile che nessuna risposta alle 6 domande precedenti abbia un esito chiaro e che ogni domanda comporti per l’azienda un processo di adeguamento per rendersi pronta ad esportare (fit for export).

È possibile invece che solo la sesta domanda evidenzi delle lacune di carattere organizzativo cui porre rimedio. In entrambi i casi saranno necessari degli investimenti in termini di tempo, personale, gestione e forse anche finanziari che rischiano di pareggiare o superare i ritorni in termini di fatturato aggiuntivo generato dall’export.

Si potrebbe ad esempio creare una tabella che sommi, da un lato tutti i costi stimati generati dagli adattamenti che l’analisi delle 6 domande rende necessari e, dall’altro, i ritorni stimati in termini di fatturato aggiuntivo: il rapporto tra queste due stime ci aiuterà a valutare se la decisione di esportare sia conveniente o meno.

Stiamo immaginando insomma una sorta di « indice ROEI » (Return on export investment) dato dal rapporto e ritorni aggiuntivi di fatturato attesi al numeratore e risorse investite per internazionalizzare al deniminatore.  Se il rapporto sarà maggiore di 1, il gioco vale probabilmente la candela.

svg13 min read

Lascia una risposta